Telefono Rosa cerca volontari, ed anche a Nichelino aperti
bandi per servizio civile.
Fino al 28 settembre 2018 è possibile
condidarsi per svolgere il servizio civile presso il Telefono Rosa di
Torino, l’istituzione che da anni si occupa di aiutare le donne che
subiscono violenza edi dare loro un supporto psicologico, legale e
sociale. Con un rimborso spese di circa 450 euro al mese, per un
totale di 30 ore alla settimana, ragazzi e ragazze fra i 21 ed i 28
anni possono candidarsi per prendere parte al progetto di Telefono
Rosa Torino.
Ci sono numerosi altri bandi aperti,
fra cui quello presso la biblioteca comunale di Nichelino
(4 posti),
e 3 posti presso l’Informagiovani sempre di Nichelino.
Nichelino
(Torino) è un paese proprio adiacente a quello dove lavoriamo noi
psicologi del Centro Synergia Centro Trauma di Moncalieri.
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2018-09-08 13:20:002021-03-05 22:30:00Moncalieri e Nichelino: bandi servizio civile 2018
Una ricostruzione storica del periodo in cui è vissuta
Un numero incredibile di piccole curiosità sulla vita delle donne nell’Ottocento, come per esempio il loro rapporto con la sessualità. il corpo, l’acqua, l’ igiene intima. Scoprirete cose che non avete mai immaginato, a meno che non siate degli appassionati di storia. Ma anche in quest’ultimo caso siete nel posto giusto per passare una bella serata in compagnia di persone che amano imparare, scoprire, stupirsi, guardare il passato per comprendere il presente.
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2018-06-21 19:17:002021-03-05 22:30:3028 giugno a Moncalieri presentazione di un bellissimo libro !
Quando muore una persona cara, il vuoto che si viene a creare è così grande che molto spesso lo si fa fatica anche solo a pensare. Se poi sono coinvolti bambini o ragazzi e la persona in questione è un genitore la situazione si complica. Non è soltanto l’altro genitore a trovarsi in profonda difficoltà, ma anche i suoi figli.
Il più delle volte la prima attenzione si sofferma su di loro e la prima domanda che mi viene spesso posta è come comportarsi con loro, se “sottoporli” a funerale, messe, cimitero o se tenerli a casa, lontano da tutto e tutti per evitare loro un doloroso supplizio.
Ciò che dico sempre è che ognuno fa quello che riesce con quello che ha in quel momento. Ciò detto, vanno fatte alcune riflessioni importanti. Ovviamente ognuno reagisce a suo modo di fronte alla perdita, soprattutto in base all’età e agli strumenti che ha in suo possesso. Un bambino molto piccolo avrà comportamenti diversi da un adolescente o da un adulto.
Quando si parla di bambini, soprattutto se piccoli, è normale aspettarsi che essi non siano costantemente addolorati e afflitti: normalmente essi vivono momenti di crisi alternati a momenti in cui sembra che nulla sia loro successo. Accade poi che facciano più volte le stesse domande e ciò non significa che si sono dimenticati o che non hanno capito, ma che, data la loro giovane età, hanno bisogno di ripetersi nella mente che “quella cosa” è veramente successa. Dunque lo possono fare soltanto se c’è un adulto sufficientemente forte e disponibile a poterglielo ripetere ogni volta che il bambino ne sentirà il bisogno.
Ci sono bambini che esprimono, dopo poco tempo dalla morte del genitore, forme di difficoltà e disadattamento: forme di amnesia, problemi di apprendimento, difficoltà nelle relazioni con gli altri, tendenze autolesive, inibizione del linguaggio e della motilità, problemi disciplinari, disturbi del sonno. Ma ci sono altri bambini che reagiscono in modo profondamente diverso. Neanche dopo diverso tempo, non c’è in loro alcuna traccia di sentimenti dolorosi come il senso della mancanza, l’afflizione, il dispiacere, la nostalgia, la disperazione. Al contrario sembra che, nonostante abbiano chiaramente compreso ciò che è loro capitato, non vi è in loro alcuna traccia di sentimento doloroso.
Tendenzialmente “le reazioni al lutto non sono subito di dolore, ma lo possono diventare più avanti e solo quando la mente è pronta ad accogliere l’idea che la perdita di una persona cara riguarda da vicino la propria esistenza”. Più il bambino è piccolo più egli farà difficoltà a fronteggiare da solo un trauma di tale gravità e quando egli non ne è in grado, questa tragedia diventa per lui come un “evento per di più omesso, di cui non si vuole parlare, a cui forse non si può neppure pensare e che in genere sembra non provocare alcuna reazione”. (Dina Vallino, 2010)
Sono questi i casi in cui il bambino ha bisogno di maggiore aiuto.
Seguendo tale ragionamento, mi verrebbe da dire che se un bambino sviluppa dei sintomi e delle difficoltà, essi sono da interpretare come l’espressione di un dolore che non si riesce ad esprimere a parole, ma soltanto attraverso le azioni e i comportamenti. Paradossalmente, dunque ci si auspica che il bambino possa avere delle difficoltà, poiché esse attirano subito l’attenzione dell’adulto, anche di quell’adulto che ha subìto il lutto in prima persona e che comprensibilmente fa fatica ad essere a disposizione del figlio. Dunque sono sintomi funzionali, poiché attraverso quell’attenzione essi potranno riceve l’aiuto necessario per affrontare il difficile percorso di elaborazione del lutto.
Molta più attenzione occorre concentrare su quei bambini che invece sembrano apparentemente avere reagito bene. Sono quei bambini che non fanno mai rumore, che non hanno comportamenti difficili da gestire, ma anzi, “quasi non ti accorgi che ci sia”, così una mamma mi descrisse il suo bambino. Questi sono i bambini più introversi, quelli che tendono a farsi carico di tutto, che tengono tutto dentro e che fanno fatica a chiedere aiuto. Verso questi bambini l’attenzione deve arrivare spontaneamente da parte di un adulto, il genitore, ma anche un parente vicino, un insegnate, il quale può così richiedere l’intervento di uno specialista che aiuti il bambino ad esprimere e tirar fuori tutto il dolore che sta dentro di lui.
Se pensi che uno specialista possa aiutare te o il tuo bambino, puoi chiamarci.
Nel nostro centro ci sono psicologi specializzati proprio sull’età evolutiva, ma anche sugli adulti che hanno vissuto situazioni difficili e dolorose.
Chiedere aiuto a qualcuno è il primo importante passo per iniziare a stare meglio.
DR. GIOVANNA OLIVERO
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
SPECIALISTA ETA’ EVOLUTIVA
TERAPEUTA EMDR
RICEVE A MONCALIERI E BRA
347 7025158
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2015-11-11 18:38:002019-06-09 16:48:41QUANDO MUORE IL GENITORE DI UN BAMBINO: IL LUTTO INFANTILE
Se l’arteterapia può essere utilizzata come via espressiva per conoscersi meglio, negli ultimi anni essa diventato uno strumento importante da affiancare alla psicoterapia, per aiutare le persone che soffrono, ad affrontare e superare le loro angosce interiori.
E’ il caso, per esempio del PTSD, disturbo post traumatico da stress, ovvero quell’insieme di manifestazioni che si porta dietro chi è sopravvissuto ad un evento traumatico, quali ad esempio incubi notturni ricorrenti, attacchi di panico, enuresi notturna, flashback spaventosi continui ed incontrollabili. Come si è già osservato in altri contesti, la forza principale dell’arteterapia sembrerebbe essere quella di permettere di raccontare l’indicibile, quello che a voce non si è in grado di esprimere, attraverso le rappresentazioni, pittogrammi, immagini.
In un articolo pubblicato sul Venerdi de La repubblica in 21 giugno 2013, dal titolo: “La nuova arte americana per curare i reduci di guerra”, viene narrato di come, attraverso l’arte, i reduci di guerra riescano a “far emergere emozioni o memorie oscure di cui non riescono neppure a parlare, facendole uscire dal loro subconscio e riportandole sulla tela o in una scultura di argilla“, (spiega nel citato articolo Donna Betts, che dirige un programma di arteterapia alla George Washington University).
In effetti l’arteterapia ha un legame di lunga data con la guerra e le sue vittime “secondarie”. La disciplina stessa, infatti, si narra abbia avuto origine più o meno contemporaneamente in Europa ed in America negli anni della seconda guerra mondiale. Nel Vecchio Continente per mano di un’artista che comincia ad utilizzare l’arte come strumento didattico e poi terapeutico (Edith Kramer), nel Nuovo, invece, ad opera di una psicologa psicodinamica (Margareth Naumburg) che crede nel potere del disegno come forma d’espressione dell’inconscio e ne coglie le valenze terapeutiche. Il lavoro di Edith Kramer, dicevamo, ha origine, almeno in parte, proprio dall’ analisi dei disegni fatti fare dalla sua insegnante Friedl Dicker, deportata nel ’42 nel campo di Terezin, ai bambini che vivevano in quegli anni nello stesso campo. Le prime osservazioni della Kramer, quindi, sono proprio state fatte sull’espressione attraverso l’arte dei danni consci o inconsci che la guerra aveva portato nell’immagiario di quei bambini.
Un utilizzo attento e monitorato in équipe della psicoterapia insieme all’arteterapia permette di poter elaborare in modo più efficace ciò che si vive come traumatico, affrontandone non solo i vissuti, ma anche gli aspetti immaginifici inscritti nel cervello: incrementare la capacità di espressione attraverso immagini accelera la capacità di elaborare i vissuti traumatici.
Dr Giovanna Olivero
Psicologa Psicoterapeuta
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2015-10-08 13:23:002019-06-09 16:48:40PSICOTERAPIA E ARTETERAPIA INSIEME PER CURARE I DISTURBI POST TRAUMATICI
Una parola che indica un disturbo che sta aumentando molto in fretta di questi tempi ed infatti, sempre più persone ne lamentano la presenza, a volte incessante, a volte plausibile in certe situazioni. Possiamo affermare che principalmente è una caratteristica del mondo di oggi, in cui tutti si sentono un po’ sotto stress, angosciati e a volte anche depressi. L’ansia viene dunque associata alla sfera emotiva della persona. La funzione dell’ansia è quella di ridurre le situazioni di pericolo, in pratica a livello sub cosciente il nostro organismo tenta di tenerci alla larga da una situazione che reputa pericolosa per noi stessi e lo fa creando una sensazione di forte disagio, che ha come fine ultimo, il farci desistere dall’intraprendere quell’azione.
I sintomi dell’ansia
Vari sono i sintomi dello stato ansioso, tuttavia nella maggior parte dei casi si manifesta con uno stato emotivo molto spiacevole, accompagnato da nervosismo, tensione e reazioni fisiologiche, quali tremore, palpitazioni, nausea ed altro. Nei disturbi d’ansia, si ha una continua formazione di stati ansiosi, che hanno la tendenza a diventare molto intensi e che si prolungano nel tempo. Un’ansia cronica dunque, dalla quale i soggetti cercano di scappare, combattendo contro se stessi, spesso soprattutto per cercare di vivere una vita “normale” ed essere di conseguenza accettati dagli altri.
Combattere l’ansia
Molte persone si trovano ad affrontare i loro stati ansiosi curandosi con degli psicofarmaci, gli ansiolitici, meglio conosciuti come tranquillanti, i quali però non curano le vere cause dell’ansia ed inoltre, usandoli in modo prolungato, possono provocare dipendenza e comunque devono essere prescritti da un Medico competente in materia. Convivere con l’ansia è comunque possibile. Vivere con un’ansia cronica è qualcosa che molte persone sperimentano nella loro vita, l’ansia ha in sé una natura aggressiva e quindi ciò porta agitazione nell’individuo. Di fatto, l’ansia va scaricata in qualche modo, facendo movimento o dialogando, bisogna quindi imparare a prevenire lo stato di malessere, rispettando il nostro equilibrio interiore. Naturalmente in alcuni casi questo non basta ed è lì che entra in gioco la psicologia, quando lo stato ansioso sfocia e si manifesta in qualcosa di più complesso. In certi casi comunque, è anche normale provare ansia per un qualcosa di inatteso, per esempio, o di concretamente preoccupante, quindi, possiamo affermare che convivere con uno stato ansioso è possibile così quanto superarlo.” (FONTE: http://www.disturbi-ansia.it)
Quante persone soffrono di disturbi che riguardano l’ansia! Si può dire che il fenomeno è così diffuso che può addirittura essere considerata una piaga sociale.
Si può soffrire di ansia a qualunque età, anche nell’infanzia, anche se è più comune riscontrare disturbi di questo tipo negli adolescenti e negli adulti.
E’ una paura quasi incontrollabile che cresce in modo esponenziale in pochissimo tempo, pervadendo il corpo e i pensieri. Chi soffre d’ansia sa molto bene a cosa mi riferisco. Quando l’ansia è molto forte, può capitare che si verifichino veri e propri attacchi di panico. Essi sono chiaramente limitati nel tempo, durano qualche minuto in genere, a differenza dell’ansia che può durare anche per tutta la giornata. Ci si sente soffocare, si ha paura che scoppi il cuore, paura di morire, si ha la sensazione di non avere più la terra sotto i piedi. I pensieri diventano incontrollabili e si perde il controllo.
Quando ciò capita ai bambini o ai ragazzi, può capitare che si attivino preoccupazioni esagerate riguardo ad eventi terribili che potrebbero accadere, paura e forte timore che accada qualcosa di fortemente angoscioso nel futuro. Questi pensieri spesso sono accompagnati a idee depressive, pensieri o paure di morte, per se o per i propri familiari. Tendenzialmente anche l’umore diventa piuttosto irritabile: il bambino inizia ad esternare collera o a lamentarsi pesantemente, fino ad avere a volte vere e proprie crisi acute di angoscia: gli attacchi di panico. Essi possono sopraggiungere in qualsiasi momento. A volte la causa è piuttosto palese: l’attacco di ansia si attiva in corrispondenza di situazioni difficili, come la separazione dal genitore o il periodo particolarmente pressanti, come l’ultimo periodo scolastico o in seguito a precisi eventi traumatici che hanno coinvolto direttamente o indirettamente l’ambiente familiare in cui il bambino vive. Altre volte invece gli attacchi di ansia possono sopraggiungere senza un apparente motivo: è il caso per esempio degli attacchi d’ansia che svegliano il bambino in piena notte. In questi casi è necessario approfondire per comprendere meglio dove ha origine l’ansia o l’angoscia di cui il bambino o l’adolescente è portatore.
Rivolgersi ad uno psicologo può essere molto utile, proprio per questo: con lui potrete ragioniere insieme per capire come affrontare l’impotenza e l’angoscia tipiche di quei momenti e comprenderne l’origine. Solo così si può guarire dall’ansia.
Terapie farmacologiche sono in alcuni casi molto consigliate, in altri meno: ciò dipende dal livello di ansia e dalla compromissione che questa comporta nella vita quotidiana. Va comunque sempre ricordato che i farmaci aiutano a gestire meglio il sintomo nel presente, ma non aiutano a farlo scomparire né a curarlo!
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2015-06-13 04:00:002019-06-09 16:48:37ANSIA E PANICO: BAMBINI, ADOLESCENTI E ADULTI. TUTTI NE POSSONO SOFFRIRE!
E’ sempre all’ordine del giorno, sentire genitori che parlano di figli troppo capricciosi o difficili da gestire. Ci si chiede allora: esiste una regola da seguire affinché questo non succeda?
Partiamo facendo un passo indietro. Nella relazione con il genitore, è sano e utile che il bambino viva momenti di capriccio. Capiamo insieme il perché.
Il capriccio è sempre un fenomeno relazionale: non si può mai piangere da soli, ma con qualcuno o per qualcuno. Quindi il suo significato ha che fare con “l’altro” in questione.
Il pianto del bambino è il suo mezzo di comunicazione: egli ci sta dicendo qualcosa che per lui è importante. Si aspetta, perciò, di essere accolto nella sua richiesta di aiuto.
Il primo messaggio che egli manda attraverso il capriccio, infatti, è proprio il bisogno di ATTENZIONE, o meglio il bisogno di essere considerato, in quel momento.
Esso è per certi versi, una richiesta di amore da parte del genitore. Pensiamo ad un bambino di pochi mesi, che piange. Il suo pianto è quasi angosciate per chi lo ascolta: egli è veramente angosciato! E’ un po’ come se in quel momento stesse dicendo: ho un immenso bisogno che tu mi guardi e mi abbracci, perché così so che mi vuoi bene e che io sono importante per te.
Un altro aspetto che entra in gioco, durante il capriccio, è il POTERE.
Spesso, attraverso il pianto, il bambino esercita il potere di attirare a sé il genitore e di ottenere l’oggetto di piacere. Pensiamo, per esempio, a un bambino di due anni, che piange quando al momento della messa a letto il genitore si allontana. Egli utilizza il pianto per far si che il genitore ritorni da lui e gli dia ciò che vuole, che in questo caso è la sua presenza. Allora, è un po’ come se dicesse al genitore: vediamo un po’ se piangendo riesco a farti cedere? Egli sta cercando di capire quanto potere ha nella relazione e quanto invece ne ha il genitore. E’ fondamentale, allora, cercare di trovare un equilibrio, in modo che il bambino si illuda di avere un po’ di potere, ma capisca che alla fine è il genitore che comanda. Cosa fare allora?
Da un lato, sarà bene considerare il pianto del bambino, per fargli capire che ci si è accorti di lui e delle sue richieste. Allo stesso tempo, però, bisogna fare attenzione a non scivolare nell’errore di farsi comandare troppo da lui: è importante che il genitore sia capace di mettere un limite, una regola, che dica “basta”. Certo, questo a volte non è facile. Pensate però che lo state facendo per il bene del bambino. E’ utile per lui sperimentare la frustrazione nel non ottenere ciò che egli vuole: così facendo egli imparerà a tollerare meglio le frustrazioni della vita. Se invece otterrà sempre tutto ciò che vuole, non imparerà mai a gestire la rabbia di quei momenti e realisticamente da grande utilizzerà questo metodo per restare nella relazione con l’altro.
Dunque, mettete una regola e lasciate che il bambino sfoghi la sua rabbia. E’ sano e giusto.
Dopo un pò, quando egli si sarà acquietato, potrete ritornare sul discorso e spiegargli il significato della regola e del vostro comportamento, affinché egli capisca.
Molto spesso, invece, capita che non si riesca a dire “BASTA”. La conseguenza di ciò è che il bambino diventerà tirannico e prenderà potere nella relazione con il genitore, il quale si troverà “schiavo” del figlio. In questi casi gli sarà molto difficile placarlo, se non assecondando le sue richieste. Diventa allora importante e necessario riflettere, insieme all’aiuto di un esperto, su come imparare a mettere il limite.
In ogni caso, non disperate! Una mano ve la diamo noi!
Chiama Synergia Centro Trauma.
Ti risponderà una psicologa con cui potrai prendere un appuntamento.
Riceviamo nelle sedi di Torino, Moncalieri e Bra.
Cel: 331.5049340 / 335.6765376
Per maggiori informazioni collegati al nostro sito:
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2014-03-04 21:57:002019-06-09 16:48:29BAMBINI CAPRICCIOSI O TIRANNICI? La natura dei capricci.
Un numero sempre maggiore di persone soffre d’ansia: tremori, giramenti di testa, paura di morire, tachicardia, sudorazione, nodo allo stomaco. L’ansia è una compagna di vita sempre più diffusa, ma liberarsene non è difficile come sembra. L’importante è sapere come agire.
”Non esiste un solo tipo di ansia, ma due” spiega Alice Natoli, psicologa clinica esperta in neuropsicologia e psicoterapia cognitiva “La prima è quella funzionale, che si attiva per segnalare possibili pericoli” e che la natura ci ha fornito per la nostra sopravvivenza, “L’altra è quella immotivata, scatenata da pericoli non reali ma solo supposti” e si manifesta con sintomi più violenti dell’ansia funzionale. L’aggravarsi di questa ansia immotivata può sfociare nei ben noti attacchi di panico, oppure può manifestarsi ripetutamente e con intensità costante; si parla allora di disturbo d’ansia generalizzato”. Cosa succede durante un attacco d’ansia?
L’attacco d’ansia si scatena solitamente in conseguenza ad un’eccessiva preoccupazione: la paura di non riuscire a concludere un compito nei tempi stabiliti o di non superare un test importante sono tipici esempi di cause scatenanti di ansia. ” Quando si è in preda all’attacco d’ansia non si riesce a capire che non c’è un pericolo reale e la sensazione negativa è così forte che non si riesce più a ragionare lucidamente” continua Natoli ” È qui si innesca un meccanismo mentale in cui il problema sembra sempre più grave”, finché non ci si calma da soli.
Come affrontare l’ansia?
”Per riportare l’ansia entro i limiti accettabili bisogna riuscire ad allontanarsi mentalmente dalla sua causa. Solo con il totale distacco si può trovare una soluzione lucida al problema” consiglia Natoli. Fermare quindi il bisogno di analizzare il problema nei suoi dettagli peggiori; svuotare la mente e respirare profondamente per portare l’attenzione sul corpo, luogo opposto del pensiero. Solo quando ci si sente completamente calmi si può ritornare ad affrontare il problema, ora in modo lucido.
Come aiutare chi è in preda a un attacco d’ansia?
”Quando una persona a noi vicina ci chiede aiuto in un momento di crisi d’ansia cercando i nostri consigli, è fondamentale non dare alcun consiglio” suggerisce la Dott. Natoli “Questo perché i nostri consigli lucidi, accolti da una persona non lucida sortirebbero l’effetto di aumentare l’ansia”.
Meglio seguire queste tre regole:
1) Cercare di portare la persona in un altro luogo, facendola camminare per recuperare il contatto con la realtà corporea. Se possibile convincerla fare insieme dell’attività fisica, come una corsa o una nuotata.
2) Spiegare che non ci è possibile fornire consigli durante la crisi d’ansia, ma che si aiuterà la persona a risolvere il problema appena ristabilita la normalità
3) Non cercare di minimizzare l’ansia. Affrontare i problemi altrui sminuendoli non creerà alcun effetto di rilassamento.” (www.donnamoderna.it)
Synergia Centro Trauma è un centro specializzato, in cui psicologi e psicoterapeuti sono a disposizione per aiutarti ad affrontare l’ansia, gli attacchi di panico, le fobie, non solo negli adulti, ma anche nei bambini e negli adolescenti. Inizia prendendo un primo appuntamento, in cui spiegherai il tuo problema. Insieme si capirà che tipo di intervento sviluppare per aiutarti a stare bene.
Synergia Centro Trauma riceve nelle sedi di Torino, Moncalieri (provincia di Torino), Chieri (Provincia di Torino) e BRA (provincia di Cuneo).
https://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.png00Cristina Rocciahttps://synergiacentrotrauma.it/wp-content/uploads/2019/02/Synergiacentrotrauma.pngCristina Roccia2013-10-31 15:52:002019-06-09 16:48:27Ansia: ecco come affrontarla!
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